Troppi cinghiali nel Lazio. Con la pandemia si sono moltiplicati gli avvistamenti, tra chi lo considera come un problema da eliminare e chi comincia a considerarlo come un simpatico vicino. Ma è al Brado che il tema diventa gourmand: con un delizioso piatto, la cui carne deriva da abbattimenti selettivi, traendo equilibrio tra uomo e cinghiale.
Tipici dei boschi e dei territori del Lazio fin dai tempi – dice qualche mito – della fondazione di Roma i cinghiali sono più che raddoppiati nella percezione collettiva durante i periodi di lockdown del covid-19. Si sono moltiplicati gli avvistamenti di animali che, prendendo più coraggio, hanno iniziato ad insediarsi nella città, un luogo ricco di fonte di sostentamento per loro. La comunità romana è ancora divisa tra chi vuole abbatterli (es Coldiretti) e chi invece vuole proteggerli (es. cittadini che sostengono una campagna con il programma tv “le Iene”). Il numero preciso di cinghiali a Roma non può essere confermato né dall’ISPRA, né dalla guardia forestale; tuttavia, entrambi gli enti hanno redatto delle guide su come comportarsi coi cinghiali, perché la maggior parte degli incidenti tra l’uomo e il cinghiale (talvolta fatali), è dovuta dall’uomo che non riesce a comprendere i segnali che il cinghiale manda in caso di stress, costringendo quest’ultimo ad attaccare pur di scappare dal pericolo.
Il caso dei cinghiali ha un habitat tutto suo anche sui social (Instagram, Facebook), che in politica. A incrementare il dibattito anche la decisione dell’allora Sindaco Virginia Raggi, di portare in tribunale le competenze della Regione sulla presenza degli animali che dovevano essere portati in aree protette invece che abbattuti. E ancora oggi la gestione dei cinghiali si articola in effetti su queste due scelte: la prima è la cattura degli animali vivi e il loro trasferimento in due grandi riserve (Decima Malafede a Roma Sud e Marcigliana a Roma Nord); la seconda consente l’abbattimento selettivo di 20 capi al giorno dal 1° novembre al 31 gennaio da persone certificate.
Il cinghiale, un animale già presente in tavola dai tempi dell’Impero Romano, veniva e viene ancora oggi cacciato per la sua carne dal sapore selvatico e deciso. La memoria di questa passione rimane in molti piatti tradizionali e uno dei più tipici è lo Spezzatino di cinghiale, un piatto già citato da Apicio, famoso gastronomo dell’antica Roma. Si tratta di un piatto che col passare dei secoli ha avuto varie riedizioni (col cambio di alcuni ingredienti), tuttavia in Viale Amelia 42 a Roma, diventa ingrediente centrale nel ristorante BRADO, dove la rusticità la fa da padrone, grazie alla selvaggina trattata come piatto forte. Qui si può trovare uno spezzatino di cinghiale in versione “originale” dove la ricerca di gusto non è stata scalfita dal tempo. Il Brado non è un ristorante gestito da uno staff, bensì da una vera famiglia che ti farà provare l’emozione di un design simile a una baita, che – come sottolinea anche un articolo su Reporter Gourmet – invita a recuperare un mood naturale per essere un tutt’uno con il territorio.
Nella scelta di questa ricetta dalla vocazione ‘antica’ non si mangia solo del buon cibo (accompagnato da una buona birra artigianale), ma ci si permette il lusso di un assaggio di storia dei nostri antenati romani. E in più è un piatto, rinnovabile, perché – particolarità nel panorama locale – al Brado fanno un vanto di utilizzare la carne di cinghiali abbattuti in modo selettivo e controllata da un esperto. Senza dimenticare il vecchio detto: Non si butta via niente! ecco la ricetta tipica per 4 persone, perché col cinghiale si mangia sia bene, che tanto.
Ingredienti:
- 800 g di cinghiale;
- 4 cucchiai di olio extra vergine di oliva;
- 1 cucchiaio di farina;
- Mezzo litro d’acqua;
- 1 cucchiaino di sale;
- 1 foglia d’alloro;
- 2 cucchiai d’aceto;
- 1 cipolla;
- 6 datteri essiccati;
- Mezzo cucchiaio di sedano tritato;
- 1 cucchiaio di origano;
- 1 cucchiaio di pinoli;
- Un quarto di cucchiaino di cumino tritato;
- Mezzo cucchiaino di miele;
- Un cucchiaino di senape;
- Un quarto di cucchiaino di pepe nero;
- 2 cucchiai di colatura d’alici o di salsa di pesce vietnamita.
Preparazione:
Tagliare la carne a cubetti. Rosolarla in 2 cucchiai d’olio, spolverizzare con la farina, salare, aggiungere la foglia d’alloro e bagnare con l’acqua e un cucchiaio di aceto. Abbassare il fuoco e lasciar cuocere per un’ora e un quarto, mescolando di tanto in tanto. Nel frattempo, tritare la cipolla e farla appassire in un pentolino con 2 cucchiai d’olio. Snocciolare e tagliare a pezzetti i datteri e aggiungerli alla cipolla assieme al sedano tritato, all’origano, ai pinoli, al cumino, al miele, alla senape, a un cucchiaio d’aceto, al pepe e alla colatura d’alici o salsa di pesce. Far cuocere a fuoco lento per 10 minuti. Quando il cinghiale sarà cotto, aggiungervi questa salsa e far scaldare il tutto.
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