Oleologa e imprenditrice Lucia Iannotta ha dato un futuro all’azienda di famiglia accompagnando con mano salda e sapienza acquisita da giovanissima, il processo di innovazione, fino ai recenti di successi. Una coraggiosa “donna dell’olio” diventata testimonial del settore olivicolo del Lazio per L’EXPO 2015.
Le “DONNE DEL VINO” ormai le conosciamo: grazie a una capacità e di fare rete e a una serie di sostanziosi cambiamenti al timone delle aziende, le imprenditrici di successo nel settore enoico sono venute allo scoperto. Ma c’è un’altro ambito dove menti e mani sapienti rendono il prodotto tipico del territorio un’eccellenza da far conoscere del mondo.
In un ideale albo delle “Donne dell’Olio” Lucia Iannotta starebbe ai primi posti.
L’abbiamo incontrata nella sua azienda proprio in occasione di uno dei più importanti concorsi del settore olivicolo nazionale l’Ercole Olivario 29°edizione 2021. Poco prima che il suo “Olio Colline Pontine DOP” arrivasse al 1° posto nella categoria “DOP Intenso”.
E dire che all’inizio non era così convinta di seguire il destino dell’azienda di famiglia…
Ho iniziato a fare olio per dovere filiale, poi è diventata passione. Dopo la laurea in Economia e Commercio, ho cominciato ad insegnare nelle scuole, un lavoro che adoravo. Ma l’istinto mi portava verso le radici di questo lavoro antico. L’istinto che ha preso il sopravvento quando a 35 anni sono diventata mamma e ho cominciato a pensare di dare delle radici a mio figlio.
Così nel 2008 ho preso in mano l’azienda con una visione che mirava al futuro.
Certo le sfide non sono mancate: il contesto olivicolo tradizionale, all’inizio non vedeva di buon occhio che a indicare la linea fosse una donna, giovane e brillante, capace di sfidare i pregiudizi di un mestiere considerato di appannaggio maschile. In paese ed anche in famiglia le idee di Lucia si sono dovute scontrare con parecchio scetticismo. Ma le sue convinzioni sono state confermate dal successo, con la dimostrazione pratica che si poteva cambiare e innovare per fare un prodotto di altissima qualità.
Creatività e intuizione cosa ne pensi?
L’intuito è fondamentale o ce l’hai o non ce l’hai. L’intuizione secondo me non ha sesso. Alcuni intuiti hanno cambiato il corso di un’azienda o addirittura la storia. Sono molto campanilista, adoro i geni italiani che ci hanno preceduto.
Nel processo delicato di realizzazione dell’olio, hai inserito dei passaggi salienti. Qual’è il segreto del successo del tuo EVO?
Il processo è lo stesso da sempre: la raccolta in campo, il trasporto in frantoio e la trasformazione. Quello che è cambiato nell’ultimo decennio, per ottenere olio di qualità, sono i metodi. Ad esempio come si raccoglie, quando si raccoglie, come si trasforma, come si trasporta. Per noi la qualità comincia in campo. Una raccolta anticipata, ad esempio, è il primo segnale che ci stiamo avviando in un percorso più ampio di qualità. Il trasporto in contenitori rigidi e forati (non più sacchi), la trasformazione entro le 8 ore.
Il filtraggio è un passaggio necessario per una buona conservazione e lo stoccaggio, in contenitori di acciaio inossidabile nei quali viene inserito l’azoto o l’argon, impediscono la contaminazione dell’olio da agenti esterni.
Il famoso “saper fare” quanto conta in questo lavoro?
Se per saper fare si intende capacità di sintesi, un occhio critico, mettere in discussione se si sta facendo bene o se si potrebbe fare ancor meglio, l’uso di nuove tecnologie…allora si, contano!
Il saper fare per me è l’unione di più cose, racchiude più aspetti. E’ importante la preparazione di base, ma anche un’apertura mentale ai cambiamenti epocali. Ad esempio anche io sono stata restia al filtraggio dell’olio o alla bag in box ma poi ho cominciato a valutarne gli aspetti positivi e ho accettato il cambiamento. Negli ultimi decenni in questo campo ci sono state innovazioni importanti.
Sei una delle poche ad aver scelto questo innovativo packaging nel cartone, la bag in box?
Si ma nonostante gli enormi vantaggi, il pubblico non le recepisce così bene. Veniamo dall’uso di vino scadente in bag in box. Culturalmente non riusciamo a considerare di pregio il prodotto contenuto in un bag in box. Anche con il tappo antirabbocco è stata una lotta. Alcuni si lamentavano di non poterle riempire nuovamente a casa. Ma è stato umiliante trovare in giro le nostre bottiglie etichettate unte e bisunte con chissà quale olio dentro.
Cosa pensi delle donne che diventano Maestre del Gusto come te?
Donne coraggiose! La donna è stata per molto tempo legata ad una figura limitata. Ma in tante occasioni la donna ha un quid in più, una veduta più ampia. Tutti i miei sott’oli sono ricette di mia mamma e di mia nonna. Io le ho corrette, apportando alcune modifiche per attenermi alla normativa necessaria per il mercato, ma fondamentalmente sono ricette di casa.
Come vedi l’affermazione crescente delle donne nel settore agroalimentare?
Il settore agricolo secondo me è proprio donna. Il miglior prodotto nella mia azienda sono io.
Molti dei lavori che svolgo non richiedono fatica ma tanta pazienza. Trasformare un carciofino non è faticoso, ma con migliaia di carciofi davanti da sfogliare è un lavoro di pazienza. E’ anche la parte più bella! Trascorri ore davanti ad un tavolo con altre donne dove si parla, ci si aggiorna delle chiacchiere di paese. L’ultimo prodotto che faccio con la parte meno nobile dell’olio è il sapone. Mi rilassa, è il massimo della femminilità. E’ molto apprezzato per la sua forma irregolare, non definita e spigolosa. La parsimonia femminile ti permette di prendere ogni scarto e reinventare qualcosa.
La parte che preferisci del processo di lavorazione?
La parte che mi piace di più è la trasformazione del prodotto. Mi piace trasformare l’olio, le olive, le verdure, il sapone. Mi piace avere a che fare con le ricette, modificarle e trovare sempre qualche miglioramento.
La parte che richiede più attenzione?
Nell’olio è sicuramente la trasformazione che genera l’olio. La natura è perfetta. Se ho un’oliva posso solo peggiorarla nel mio processo di trasformazione, non posso migliorarla perchè è quello che è. Devo stare attenta ai tempi di gramolazione, separazione, mandata delle olive, quando si filtra fino a quando è possibile continuare a filtrare.
Quale è il tuo rapporto con il territorio e la specificità delle materie prime?
I miei prodotti sono solo del territorio e non ne voglio altri. Io sono così perché mi trovo in questo territorio con queste specificità, con queste caratteristiche. L’Italia ha tante tipicità ed è giusto che ognuno enfatizzi le proprie. Ognuno è figlio del proprio territorio.
Infine una domanda per la introdurre i nostri lettori al mondo evo. Esiste un terroir per l’olio come per il vino?
Assolutamente si! L’itrana ha questi sapori e questi sentori perché è qui, su un terreno roccioso, poco distante dal mare. Anche all’interno dello stesso territorio di Sonnino un itrana in pianura non è uguale ad un itrana in collina. Addirittura nei miei terreni dislocati in tutto il comune di Sonnino ci sono delle differenze. Alcuni terreni mi danno delle olive ottime da pasto e meno significative per la trasformazione in olio, altri il contrario.